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Il mondo sconosciuto dietro casa
Larici, foliage, colori saturi e toni caldi. L’autunno in fotografia è la stagione più bella, non c’è storia. Ma nella vita di noi comuni mortali l’autunno è ben altro: buio, freddo, e nebbia.
Allenarsi in queste condizioni senza rimpiangere l’estate appena finita non è facile. Le giornate si accorciano e gli impegni ci impediscono di passare qualche ora in montagna, e, almeno cinque giorni su sette, correre si riduce soltanto a una cosa: argini.
Per chi abita in pianura gli argini dei fiumi diventano, più per necessità che per vocazione, la pista da atletica di chi corre fuori strada, e il più insopportabile tassello nella tabella di allenamento. Correre sugli argini ci ricorda quando facevamo le campestri a scuola, insomma un ricordo nel novanta percento dei casi orribile. L’aria fredda che penetra nei polmoni rende tutto più difficile, e il terreno erboso assorbe la maggior parte della potenza che scarichiamo a terra, ingoffando il gesto e rendendo ogni passo ancora più faticoso.
Se vi state chiedendo per quale ragione in giro c’è poca gente che corre, probabilmente la risposta è perché è costretta a farlo in un posto che noi per primi riteniamo orribile. L’argine è un lungo cannocchiale che attraversa non visto paesi, periferie, zone industriali, unendosi e dividendosi con altri fiumiciattoli, fossi e torrenti, e creando una ragnatela che copre la pianura da Torino a Venezia. Insomma, l’argine